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26/09/2011 - Autovelox:segnalazione anche se c'รจ l'agente
Obbligo della segnalazione preventiva dell’autovelox anche nel caso in cui il rilevamento non sia automatico, ma fatto dagli agenti con il telelaser.
In tal modo si sono espressi i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza 22 giugno 2011, n. 13727.
Ancora uno “scontro” tra la giurisprudenza ed il “temibile” autovelox……l’autovelox deve sempre essere segnalato;….ma “occhio alle date”: l’estensione anche alle postazioni che siano gestite direttamente dagli agenti è entrata in vigore a partire dal 4 agosto 2007.
Per i Giudici di Piazza Cavour, nella sentenza che qui si commenta, l’obbligo della preventiva segnalazione dell’apparecchio di rilevamento “della velocità previsto, in un primo momento, dall'articolo 4 del d.l. n. 121 del 2002, conv. L. n. 168/2002, per i soli dispositivi di controllo remoto senza la presenza diretta dell'operatore di polizia, menzionati nell'art. 201, comma l- bis, lett. f), del codice della strada, è stato successivamente esteso, con l'entrata in vigore dell'art. 3 del d.l. n. 117 del 2007, conv. nella l. n. 160 del 2007, a tutti i tipi e modalità di controllo effettuati con apparecchi fissi o mobili installati sulla sede stradale, nei quali, perciò, si ricomprendono ora anche gli apparecchi tele laser gestiti direttamente e nella disponibilità degli organi di polizia”.
Nulla multa, quindi, nel caso sia stata inflitta con il sistema telelaser se il controllo non è stato segnalato in maniera adeguata.(fonte: altalex)
01/08/2011 - Buone Ferie a Tutti!
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Arrivederci a settembre!
25/07/2011 - No dispositivi protezione: datore responsabile
La Corte di Cassazione ha confermato la pena inflitta ad un datore di lavoro per il delitto di lesioni personali colpose gravi (durata della malattia superiore a quaranta giorni), in relazione all’art. 583, comma 1, n. 1, c.p., posto in essere mediante condotta omissiva in danno di un proprio lavoratore dipendente. I giudici hanno ritenuto che le lesioni personali gravi, nella fattispecie ustioni di secondo grado, che il cuoco di un ristorante ha riportato dopo essere scivolato sul pavimento della cucina nell’atto di riempire una lavastoviglie con una pentola d’acqua bollente, e senza indossare calzature antiscivolo, siano penalmente addebitabili al datore di lavoro per omissione colposa specifica.
L’imputato ha sostenuto la propria difesa argomentando che la condotta del lavoratore fosse da considerarsi “abnorme ed imprevedibile”, nonché che il datore non fosse presente al momento dell’incidente e quindi la condotta omissiva e negligente non poteva essergli addebitata, in virtù del principio di effettività. La difesa ha sostenuto inoltre che qualora il lavoratore avesse indossato le scarpe antiscivolo, si sarebbe comunque cagionato le ustioni poiché la prescrizione antinfortunistica ha lo scopo di prevenire il rischio di scivolare, non quello di riportare ustioni.
La Cassazione, rigettando integralmente le censure sollevate dall’imputato, non ha ritenuto sussistere alcun vizio di motivazione, confermando per implicito la ricostruzione del fatto prospettata dai due giudici di merito, ritenendo plausibile pertanto che il cuoco fosse caduto con in mano la pentola d’acqua bollente destinata ad essere versata nella lavastoviglie e non che stesse scolando la pasta, come sostenuto dall’imputato. Circa l’elemento soggettivo della colpa addebitata dal datore di lavoro, si è rivelata determinante la mancata fornitura al cuoco delle scarpe antisdrucciolevoli, dotate di valenza antinfortunistica con riferimento alle mansioni svolte in un contesto scivoloso, qual è la cucina di un ristorante.
La Cassazione ha infine confermato il risarcimento del danno morale in favore della moglie del cuoco costituitasi parte civile. La stessa ha infatti subito sofferenze e patimenti a causa del grave infortunio occorso al marito.(fonte: Altalex, 25 luglio 2011)
04/07/2011 - Vietate le telecamere nei condomini
Il condomino non ha possibilità di installare un impianto di videosorveglianza per riprendere aree condominiali comuni.E non può farlo nemmeno nel caso in cui lo scopo di tale installazione sia la propria sicurezza, messa in pericolo in seguito ad alcuni episodi di furti e di effrazioni.Così il Giudice del Tribunale di Varese, nella persona del Dr. Buffone, si è espresso con la decisione 16 giugno 2011, n. 1273, il quale ha precisato che nel silenzio della legge, il condomino non ha nessun potere di installare (per sua sola decisione) le telecamere in ambito condominiale, al fine di riprendere gli spazi comuni o addirittura spazi che siano esclusivi degli altri condomini.
Il Giudice va anche oltre precisando che nemmeno il condominio ha la potestà normativa per installare le telecamere, eccezion fatta per la ipotesi in cui una simile decisione venga deliberata all’unanimità da tutti i condomini, in quanto, in tal caso, “si perfeziona un consenso comune atto a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti”.I problemi che si possono rilevare in assenza di una specifica norma in tal senso (ossia le videoriprese in condominio) hanno portato il Garante della privacy a sollecitare l’intervento del legislatore al fine di risolvere alcune questioni come il fatto di quale possa essere l’utilizzo fatto dalle videoriprese acquisite dal singolo proprietario, o ancora che limiti possa incontrare la videorirpresa rispetto a soggetti considerati deboli quali l’incapace o il minore.Come si rileva e si legge testualmente nella stessa sentenza che qui si commenta "almeno in sede penale, la questione è stata risolta in senso affermativo. La Suprema Corte di Cassazione, infatti (Cass. pen. Sez. V, sentenza 21 ottobre – 26 novembre 2008, n. 44156 in Dir. Pen. e Processo, 2009, 9, 1125), ha affermato che “non commette il reato di cui all'articolo 615-bis del codice penale (interferenze illecite nella vita privata) il condomino che installi per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dall'intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni dell'edificio (come un vialetto e l'ingresso comune dell'edificio), anche se tali riprese sono effettuate contro la volontà dei condomini” specie se i condomini stessi siano “a conoscenza dell'esistenza delle telecamere” e possano “visionarne in ogni momento le riprese".
Anche e soprattutto in considerazione di tale assenza normativa, il Giudice,nella sentenza de qua ha precisato che il periculum in mora è in re ipsa, in quanto si tratta di diritti fondamentali e della personalità che ad ogni lesione si consumano senza possibilità di ripristino dello status quo ante.(fonte: Altalex, 30 giugno 2011)
20/06/2011 - Banche:clienti sicuri con tracciamento operazioni
Dati dei clienti più sicuri e al riparo da accessi non autorizzati e intrusioni indebite negli istituti bancari. Il Garante privacy ha fissato le regole alle quali dovranno attenersi banche e Poste Italiane spa (relativamente all'attività bancaria e finanziaria) per "blindare" il sistema informativo e garantire un corretto trattamento dei dati dei correntisti.
Il provvedimento generale tiene conto di numerose istanze pervenute al Garante, di accertamenti ispettivi effettuati tra il 2008 e il 2010 presso le maggiori banche o gruppi bancari e degli esiti di una ulteriore attività di rilevazione svolta in collaborazione con Abi che ha coinvolto 441 banche. Alcuni clienti, in particolare, avevano segnalato che i loro dati erano stati oggetto di accessi indebiti, presumibilmente da parte di dipendenti, e comunicati a terzi che li avevano poi utilizzati per scopi personali, in genere, in cause di separazioni giudiziali e in procedure esecutive (ad es. pignoramenti presso terzi).
In assenza di una normativa che obblighi le banche a tracciare tutte le operazioni l'Autorità ha ritenuto di prescrivere agli istituti bancari l'adozione di rigorose misure.
Ogni operazione di accesso ai dati dei clienti (sia che comporti movimentazione di denaro o sia di semplice consultazione), effettuata da qualunque figura all'interno della banca, dovrà essere tracciata attraverso una serie di elementi: il codice identificativo del dipendente; la data e l'ora di esecuzione; il codice della postazione di lavoro utilizzata; il codice del cliente ed il tipo di rapporto contrattuale "consultato" (numero del conto corrente, fido, mutuo, deposito titoli). In questo modo la banca saprà sempre chi e quando ha avuto accesso ad un determinato conto corrente o ha effettuato operazioni. I file di log di tracciamento delle operazioni, comprese quelle di semplice consultazione, dovranno essere conservati per un periodo di almeno 24 mesi.Le banche, inoltre, dovranno prevedere l'attivazione di alert che individuino comportamenti anomali o a rischio (es. consultazioni massive, accessi ripetuti su uno stesso nominativo).
Almeno una volta l'anno la gestione dei dati bancari dovrà essere oggetto di un'attività di controllo interno da parte degli istituti, per verificare la rispondenza alle misure organizzative, tecniche e di sicurezza previste dalla normativa vigente. Il controllo, adeguatamente documentato, dovrà essere eseguito da personale diverso da quello che ha accesso ai dati dei clienti. E verifiche sulla legittimità e liceità degli accessi, sull'integrità dei dati e delle procedure informatiche dovranno essere effettuate anche a posteriori, sia a campione sia a seguito di allarme.Alle banche è stato infine raccomandato di comunicare al cliente eventuali accessi non autorizzati al proprio conto e di rendere note al Garante eventuali violazioni di particolare rilevanza (per quantità, qualità dei dati, numero dei clienti).(Garante della Privacy, comunicato stampa 13 giugno 2011)